Perchè un blog di storie di quasi-errori


Non sempre nella vita, nel lavoro o nello studio fila tutto liscio. Talvolta per raggiungere una meta, per conseguire un risultato si percorrono strade complicate, accidentate e magari inutilmente tortuose, che infastidiscono, fanno perder tempo e sprecare energie, invece di imboccare la retta via, il percorso diretto più semplice e lineare. E' quello che succede anche con le questioni di salute, quando la diagnosi non viene automaticamente al primo colpo ma in modo un po' accidentato o imprevedibile, dopo tentativi ed errori.

L'importante che alla fine tutto vada per il meglio, che si arrivi ad azzeccare la malattia giusta e il problema si risolva, magari con un po' di disagio di troppo ma senza danni o effetti collaterali. Nessuno è perfetto e infallibile, tutti possono avere qualche incertezza o titubanza: il medico più bravo non è quello che non sbaglia mai ma quello che sbaglia di meno! Come ha scritto il filosofo della scienza austro-britannico Karl Popper “nessuno può evitare di fare errori: la cosa grande è imparare da essi”.

Il quasi errore è come una sbandata in automobile. Per la fretta, per un momento di distrazione non ci si accorge del fondo stradale un po' scommesso o scivoloso, di una curva improvvisa e si finisce con la ruota sul ciglio della strada; poi però all'ultimo secondo con una provvidenziale sterzata si rimedia alla sbandata e si ritorna in carreggiata, con un sospiro di sollievo e un gran batticuore. Abbiamo rischiato di andare fuori strada o di sbattere contro un lampione, danneggiando la vettura o finire pure ammaccati al Pronto Soccorso. Poteva andare molto peggio, ma per fortuna nessuno si è fatto male, non ci sono stati danni all'auto e il viaggio prosegue dopo lo spavento e lo scampato pericolo, senza bisogno di cure mediche, denunce di sinistri all'assicurazione, interventi della polizia stradale ed altre seccature, perdite di tempo e costi.

Ecco, le storie di quasi errori in medicina sono simili ad una sbandata in automobile finita, per fortuna, senza conseguenze per noi e per gli altri, ma che ci ha insegnato ad avere più attenzione, prudenza e a riflettere sul nostro modo di guidare. Dai quasi errori c'è molto da imparare, specie per evitare che in circostanze analoghe il provvidenziale “quasi” si faccia da parte e l'errore di diventi palese, madornale e spesso con pesanti conseguenze. Insomma, il quasi errore ci può insegnare a prevenire il vero e proprio errore, per stare alla larga da ospedali, avvocati, assicuratori e giudici. E non è poco….

venerdì 8 gennaio 2016

CRONACA DI UN QUASI ERRORE (dalle "Lettere al direttore" di un quotidiano)

II giorno di Santo Stefano mia mamma, una signora di 65 anni in buona salute, attiva sia fisicamente che mentalmente, cominciava ad accusare un fortissimo dolore alla schiena, che si irradiava anche al braccio e poi al torace. Mi sono molto preoccupata, perché mia mamma era addirittura bloccata da tale dolore e ha iniziato a restare totalmente insonne a causa del medesimo. Pensavo si trattasse di un forte dolore articolare, pertanto le ho consigliato degli antidolorifici da banco, seppur forti.
Dopo due giorni e due notti senza miglioramenti ho deciso insieme a mia mamma di andare al Pronto soccorso della struttura A il 28 dicembre, prima delle nove di mattina. Fatta l'accettazione con le domande di rito mia mamma è stata sottoposta a misurazione della saturazione e della pressione, quindi è stata visitata da un medico, e infine le è stata fatta una radiografia ai polmoni. Il tempo necessario per sbrigare le suddette operazioni è stato di circa 6 ore. Alle due del pomeriggio passate, siamo uscite dalla struttura con una diagnosi di bronchite e le relative terapie antibiotica ed antidolorifica. Sia io che mia mamma siamo restate basite, perché mia mamma non aveva né tosse, né febbre, né difficoltà di respirazione, e tral'altro non fuma nemmeno. Però la radiografia sembrava parlare chiaro...
Nonostante l'assunzione di antibiotici e antidolorifici i dolori non sono minimamente diminuiti, pertanto dopo una ulteriore notte insonne siamo andate dalla dottoressa di famiglia: la dottoressa ha vagliato la documentazione del Pronto soccorso e ha sentenziato che era chiaro che c'era una bronchite. Ha fatto una ricetta per un medicinale antidolorifico forte, un oppioide, per combattere il dolore. Martedì sera, nonostante l'oppioide, il dolore era immutato. Non sapendo cosa fare, ho convinto mia mamma ad andare al Pronto soccorso della struttura B. Abbiamo raccontato all'accettazione tutta la vicenda: ci è stato detto che se nulla era mutato rispetto a quanto avevamo riferito all'altro Pronto soccorso, loro non potevano fare né di meglio, né altrimenti, pertanto dovevamo tomare a casa e seguire la terapia. Nessuna visita ulteriore, nessun consulto medico, solo tomare a casa e aspettare il decorso della bronchite. Bisognava avere pazienza, tenere il dolore sotto controllo...
II 31 dicembre mattina il dolore era ancora immutato ma si è presentato un fatto nuovo: la comparsa di un paio di macchioline sulla pelle, tra la schiena e il braccio. Ho portato nuovamente mia mamma al Pronto soccorso della struttura B. All'accettazione ho esposto in modo molto deciso la situazione e ho cercato di insistere sul fatto che mia mamma non aveva né tosse né altri sintomi di bronchite, ma che aveva solo un gran dolore alla schiena e al braccio e in più adesso c'erano due macchie sulla pelle.
Veniamo indirizzate all'ambulatorio competente dove mia mamma viene visitata e le viene chiesto se ha o ha avuto la tosse, e se per caso sia una fumatrice. Alla risposta negativa a tutti e tre i quesiti e vista la diagnosi dell'altro Pronto soccorso, il medico ha trattenuto una leggera risatina e ha subito compilato la richiesta di visita dermatologica urgente per Herpes Zoster, cioè Fuoco di Sant'Antonio... Credo che tra bronchite forte e Fuoco di Sant'Antonio ci sia una lieve differenza... Questa la mia riflessione. Non voglio giudicare, né trovare colpevoli. Non è utile né costruttivo

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